Secondo incontro del Tavolo di Lavoro sui metodi di misurazione dell’impatto
Martedì 12 luglio si è tenuto il secondo incontro dei 3 Tavoli di Lavoro istituiti nell’ambito del progetto “Impact investing: trasformare la finanza per un cambiamento reale”, realizzato da Social Impact Agenda per l’Italia, con il contributo di Banca d’Italia.
Oggi Mauro Bux, ricercatore per SIA del Tavolo di Lavoro dedicato alla Misurazione d’impatto, ci racconta come è andato l’incontro e come sta procedendo l’avanzamento della ricerca:
“È stata l’occasione per riprendere alcuni degli argomenti emersi nel corso del primo incontro, nonché per ottenere il punto di vista dei partecipanti sui seguenti macro-temi:
La stima dell’attribuzione dell’impatto
Il processo di misurazione dell’impatto implica la necessità di considerare tutti i fattori che possono influenzare gli outcome, in modo da ottenere una stima realistica dell’impatto netto. Tale esercizio diviene ancora più rilevante nell’ambito dell’impact investing, in cui spesso gli investitori riescono a generare solo un impatto indiretto, in qualità di finanziatori di organizzazioni volte alla generazione di impatto diretto.
Durante l’incontro, si è discusso di tre soluzioni tecniche al problema dell’attribuzione:
- con riferimento alla valutazione SROI, l’applicazione dei c.d. “coefficienti filtro” (deadweight, spiazzamento, attribuzione, drop-off);
- le tecniche di stima della contribuzione nell’ambito del framework dell’Impact Management Project (IMP) (feedback dagli stakeholder, ricerca di mercato, ricerca sperimentale e quasi-sperimentale)
- rispetto al calcolo dell’impatto indiretto, la pratica di “pesare” gli outcome misurati da parte delle investees per la quota di valore aziendale rappresentato dall’investimento.
L’attribuzione dell’impatto sociale: esperienze dei partecipanti
Il dibattito sull’attribuzione ha permesso ai partecipanti di condividere le proprie esperienze dirette ed opinioni, riassunte di seguito:
- Il processo di attribuzione non può prescindere dall’analisi di studi di settore, nonché dal coinvolgimento di stakeholder e beneficiari diretti, al fine di validare una catena del valore coerente.
- Tecniche di ponderazione dell’impatto rispetto al valore relativo dell’investimento possono rappresentare un valido metodo, specie con riferimento a impatti indiretti.
- L’impatto va considerato come parte della strategia di sostenibilità. Occorre dunque analizzare anche gli aspetti culturali relativi all’organizzazione, che possono avere ricadute anche sul contesto esterno.
- È necessario legittimare la valutazione utilizzando strumenti di rilevazione concordati con stakeholder interni ed esterni. Questi ultimi, infatti, sono tipicamente a conoscenza delle criticità e dei comportamenti opportunistici alla base di ogni tipo di “washing”.
La standardizzazione dei processi di valutazione d’impatto
Il concetto di standardizzazione è stato declinato in relazione ai processi di monitoraggio e valutazione (M&E) dell’impatto sociale, al fine di garantire adeguato rigore scientifico, legittimazione e comparabilità.
In questo senso, è stato presentato un elenco di tre soluzioni tra le più riconosciute a livello internazionale:
- i 9 Operating Principles for Impact Management (OPIM) della IFC (Banca Mondiale), che forniscono linee guida per tracciare l’impatto lungo tutta la durata dell’investimento;
- gli 8 Principi della Social Value International, che coprono tutte le fasi dal livello strategico interno alla comunicazione verso l’esterno;
- gli SDG Impact Standards della UNDP (ONU), che si occupano di strategia, approccio di gestione, trasparenza e governance.
Il vantaggio di questi standard consiste nel fatto che si focalizzano sui processi organizzativi in grado di generare impatto. Manca però una metodologia condivisa rispetto alla verifica dell’effettiva adesione a questi principi; inoltre, questi standard sono spesso vaghi e poco utilizzati (ad esempio, solo CDP in Italia aderisce a OPIM).
Impatto sociale VS ambientale: le esperienze dei partecipanti
Rispetto a questa tematica sono emersi punti di vista eterogenei:
- C’è chi conferma l’esistenza di un trade-off, che si sostanzia spesso nella perdita di posti di lavoro a fronte di un impatto ambientale positivo. Questo trade off sarebbe riconosciuto anche dalla CE, giacché la Green Finance Taxonomy prevede specifiche social safeguards, in modo da promuovere la c.d. “just transition”.
- Il metodo della “deliberazione condivisa” può migliorare la trasparenza sul perché si sono adottate determinate decisioni che perseguono un tipo di impatto a sfavore di un altro.
- Un’interpretazione differente è offerta da chi sostiene che vi sia un gap di misurazione tra impatto sociale ed ambientale, e non un trade-off: la misurazione dell’impatto ambientale è più oggettiva e “semplice”, il che spiegherebbe le evidenze scientifiche contrastanti e la canalizzazione degli investimenti verso impatti ambientali anziché sociali.
Nel mese di settembre si terrà il terzo incontro del Tavolo di Lavoro: sarà l’occasione per approfondire le soluzioni tecniche e le best practices presentate nel corso di questa discussione”.
Mauro Bux
Ricercatore per SIA
Evaluation Consultant – Human Foundation