Agenda 2030, “Per far sì che la finanza a impatto non sia più considerata una piccola parte del panorama finanziario globale occorre un impegno da parte di tutti: investitori, istituzioni finanziarie, governi e società civile”.
Prof. Enrico Giovannini

Di Chiara Buongiovanni, SIA

Municipalità al centro, infrastrutture di prototipazione, partnership pubblico-privato e un’attenzione reale, radicale e coraggiosa alla “S” di sociale: da qui riparte la finanza europea per Mario Calderini, direttore del centro di ricerca Tiresia – Polimi. La posta in gioco è la tenuta sociale del progetto politico europeo.

All’indomani della riconferma di Ursula Von der Leyen a capo della Commissione europea, l’Europa segna un passo di sostanziale continuità politica, in cui la finanza avrà – neanche a dirlo – un ruolo dirimente. Gli investimenti privati, al pari del finanziamento pubblico, sono nelle parole della stessa Von der Leyen, conditio sine qua non per la realizzazione di praticamente tutti i punti del suo discorso programmatico. Se, come altamente probabile, l’approccio regolatorio alla c.d. finanza sostenibile e ai parametri ESG (Ambiente, Sociale, Governance) non vedrà sostanziali rivoluzioni, è pur vero che questo è il momento di tener conto di cosa ha funzionato e cosa no, e soprattutto di considerare quale è “la percezione e il sentire delle persone” – per citare la stessa Von der Leyen – pena gli esiti dell’intero progetto europeo.

Al netto della maggioranza formatasi attorno alla riconferma della Presidente, il voto e alcuni movimenti importanti che lo hanno preceduto, a partire dalla più rumorosa protesta degli agricoltori, sembrano suggerire un certo scollamento tra le ambiziose politiche ambientali, pienamente riconfermate per il nuovo corso, e la base più ampia della società ovvero le “persone” su cui gli impatti sociali ricadono nell’immediato e nello spazio reale dell’Europa dei territori.

L’attenzione alla “S”, non a caso protagonista della battuta d’arresto nell’elaborazione della Tassonomia europea, è l’elemento chiave che non solo ci dirà quanta strada la finanza a impatto farà nella “nuova-ma-non-troppo” Europa ma, secondo Mario Calderini, proprio sulla “S” del paradigma ESG si gioca la tenuta dell’intero progetto politico europeo.

La finanza deve puntare sulla “S” di necessità

Dunque, non si tratta tanto di definire nuovi obblighi, codifiche e strumenti che aiutino investitori, aziende e finanziatori a essere compliant, quanto di cambiare radicalmente il paradigma finanziario.

Nell’analisi del professore, la dimensione S è infatti il vero game changer della finanza a impatto, ed è per questo che – rispetto alla G di Green – non è solo più complessa ma anche più urgente e per dei versi più “temuta”. Va dritto al punto Mario Calderini, chiarendo che in ogni caso non c’è molto da discutere: se si vuole assicurare la tenuta sociale della transizione pianificata a ritmo sostenuto dal Green Deal, la “S” s’ha da fare.

“Personalmente, tenderei a non credere alle buone intenzioni di nessuno. Credo invece a ciò che vediamo, e cioè che la protesta sociale sta entrando in scena e anche nel mondo privato ci si sta rendendo conto che il conflitto tra la transizione sociale e la transizione verde sta diventando ingestibile”.

“La vera rivoluzione - spiega – potrebbe iniziare adesso, perché gli attori privati, almeno i più lungimiranti, comprendono che la transizione sociale sta rallentando, quasi fermando l’adesione della società alle transizioni verde e digitale, e questo potrebbe essere un enorme problema. Ciò significa che, volenti o nolenti, gli operatori di mercato si dovranno occupare anche di problemi sociali che, per loro natura, sappiamo essere molto più complessi. Nel dover affrontare problemi sociali molto più complessi, automaticamente saranno costretti a transitare verso un’interpretazione della finanza a impatto più autentica. Quindi l’attenzione reale alla “S” sarà un fatto di pura necessità”.

Una eredità legislativa da correggere e disintermediare

In materia di finanza a impatto, precisa Calderini, la passata legislatura europea ci lascia una buona eredità, che individua nella spinta della regulation dei mercati finanziari ordinari verso approcci di finanza sostenibile e nel lavoro sull’economia sociale i due grandi filoni di sviluppo.

Sul fronte della certificazione, della regulation e delle tassonomie – continua – la passata Commissione europea ha fatto moltissimo, forse anche troppo o con fin troppe distorsioni. La regolamentazione attuale ha infatti eccessiva enfasi sugli aspetti ambientali che sono stati oggettivamente i più premiati dalle iniziative europee”. La transizione verde si conferma come una priorità assoluta, fuori di equivoco, però, osserva Calderini “l’aver interpretato la terna ESG, sia rispetto agli investimenti privati che a quelli pubblici, con un eccesso di attenzione alla E e pochissima alla S ha creato uno scontento importante che ha probabilmente regalato un consenso elettorale inaspettato a quello che potremmo chiamare il populismo conservatore”.

In sintesi, la passata legislatura ci consegna una buona situazione di partenza che sarà tuttavia da correggere in senso non solo formale. Su cosa puntare e a quali rischi porre particolare attenzione? Nell’analisi del professore, lo scenario politico non è particolarmente favorevole a correggere il tiro, perché se è vero che c’è una continuità di presidenza e in fondo anche di maggioranza politica si teme tuttavia una certa debolezza dell’esecutivo europeo che dovrà impostare azioni “cogenti” verso gli Stati membri. “Da un lato occorrerà lavorare sull’enforcement di misure che da Bruxelles arrivano negli Stati membri, dall’altro – spiega – c’è bisogno di maggiore disintermediazione istituzionale all’interno degli Stati su alcune partite centrali per lo sviluppo di impact economy. Penso in particolare all’Italia e all’opportunità di valutare un ridimensionamento del ruolo delle Regioni a vantaggio delle municipalità. Credo che ci sia una questione che vada affrontata nella governance politica ed è quella che io definisco, senza grandi esitazioni, il fallimento delle politiche di coesione dei fondi strutturali. Tali fondi hanno infatti messo una quantità enorme di soldi nelle mani delle Regioni mentre ho l’impressione che, soprattutto in tema impact, proprio
le Regioni siano il soggetto debole perché interpretano una politica di sviluppo piuttosto vecchia. Al contempo, le municipalità o le aggregazioni più vicine al territorio hanno generato dal basso progetti molto interessanti che però non sono mai riusciti a combinarsi con i fondi strutturali”.

Isole di innovazione, infrastrutture per l’impatto: una nuova geografia italiana

Scendendo ancora nella “geografia” italiana, la questione chiave per lo sviluppo di economia a impatto per Calderini risiede nelle regole di ingaggio: non puntare tanto su attori “chiave” quanto su modalità che permettano ad attori diversi di combinare le risorse a disposizione, in partenariati pubblico – privati. E sfata un tema ricorrente: gli indicatori e i metodi della misurazione e gestione dell’impatto sociale sono ampiamente disponibili. “Certo – specifica – è importante che gli Stati investano nelle infrastrutture per l’impatto, ovvero in centri di misurazione terzi e indipendenti e in piattaforme di investimento capaci di federare, proprio nell’ottica di sviluppare infrastrutture di partenariato pubblico-privato”. Insomma, è importante creare dei grandi poli di competenza sulla misurazione di impatto così come sta facendo la Commissione europea, anche se sottolinea che “la questione centrale resta l’enforcement e la volontà reale da parte dell’amministrazione pubblica di prendersi il rischio e anche la fatica di lavorare in questa direzione, da parte del settore privato di superare la resistenza all’applicazione di criteri di impatto seri”.

I margini di vaghezza che stanno oggi nelle formulazioni contrattuali riguardanti l’impatto sono per Calderini una zona grigia che facilita posizioni di comodo e operazioni di c.d impact washing quanto mai dannose. “L’avanzamento serio e reale di logiche di impatto passa per la presa di responsabilità, e ciò può avvenire solo superando l’approccio ostativo particolarmente diffuso nel middle management, sia nelle pubbliche amministrazioni che nelle finanziarie regionali, che pure possono giocare un ruolo centrale nella partita, e qualche volta anche tra gli investitori tradizionali”, conclude.

Rendere la finanza a impatto “pop” nel tempo della prototipazione

Per Mario Calderini è arrivato il momento di uscire dagli spogliatoi, per giocare il secondo tempo dell’impact economy. “Dopo il tempo dell’advocacy – spiega – è il tempo di usare l’Agenda 2030 come sfondo di prototipazioni e applicazioni concrete.” Se infatti a livello globale l’Agenda mantiene il suo senso di visione e di piattaforma condivisa è pur vero che, nel concreto, rischia di trasformarsi in un elemento tautologico. “Piattaforme come il GSG Impact e Social Impact Agenda per l’Italia (che ne è il partner italiano, ndr) giocano un ruolo importante su due fronti: lavorare come veicolo di advocacy e pressione politica alta e sfidante ma anche abilitare la costituzione di una piattaforma di prototipazione per dimostratori”.

Entrando nel merito, di cosa dovrebbe occuparsi primariamente la finanza a impatto?
“La finanza a impatto – risponde Calderini – dovrebbe concentrarsi su questioni politicamente molto popolari. Voglio dire che per passione non vedrei l’ora di vedere una finanza a impatto applicata al tema dei migranti o delle carceri o delle povertà assolute, ma in tutta onestà penso che questa sia una via impervia dato lo stato di attenzione della politica. Per guadagnare appeal politico, di cui ha bisogno, la finanza a impatto dovrebbe andare verso le priorità più immediatamente percepibili e diffuse e su cui c’è al momento maggiore consenso. Lavorare su prototipi e su temi vicini alla sensibilità più diffusa aiuterebbe ad avvicinare alla finanza a impatto importanti gruppi sociali che ne sono ancora lontani” spiega Calderini.

Il tema è rendere evidente cosa è e come funziona realmente la finanza a impatto, ben oltre la finanza green, ben consci dei rischi e dei cambiamenti di paradigma che questo comporta per tutti, in primis per la grande finanza privata. “Anche per sua origine storica, che ovviamente ha una matrice di grande finanza internazionale non particolarmente amata da un certo tipo di attivismo, la finanza a impatto ha fatto molta fatica fin qui a parlare con i soggetti della cosiddetta società civile. Penso che l’attivismo e la società civile vadano finalmente coinvolti sui prototipi, evidenziando la capacità della finanza a impatto di risolvere qualche problema, anche piccolo ma dal riscontro concreto”. “E anche su questo punto – conclude – conto molto sulle municipalità e sulla loro capacità di mettere in fila i soggetti”.

Social Impact Agenda per l’Italia risponde alla chiamata del secondo tempo e speriamo di ritrovarci in campo in tanti, diversificati e ben motivati.

Mario Calderini

Mario Calderini, Presidente del Comitato Scientifico SIA, è Professore Ordinario presso la School of Management del Politecnico di Milano, dove insegna Social Innovation. È direttore di Tiresia, il Centro di ricerca sulla finanza e l’innovazione sociale della School of Management del Politecnico di Milano.

È stato direttore dell’Alta Scuola Politecnica e vicepresidente della Fondazione Politecnico.

È stato consigliere scientifico del Ministro della ricerca e dell’innovazione, nominato Sherpa del Governo per il G7 Scienza. 

Le sue numerose pubblicazioni per le più prestigiose riviste internazionali, di settore e generaliste, affrontano e riguardano diversi temi nel campo dell’innovazione e della finanza a impatto sociale.

È stato membro della Task Force del G8 per l’Impatto sociale, ha presieduto l’Advisory Board italiano per la Social Impact Finance. Ha contribuito a promuovere l’agenda per l’innovazione sociale in Italia, avviando la prima consultazione pubblica del settore.

Ha fatto parte del gruppo consultivo del Governo che ha recentemente redatto la Riforma del Terzo Settore. Successivamente è stato membro della Task Force del Governo per gli investimenti a impatto sociale.

È attualmente Presidente del Foro per la Ricerca e l’Innovazione di Regione Lombardia. Siede nell’Advisory Board di Unicredit Italia. È Presidente di Social Fare e fa parte del Consiglio Direttivo di Nesta Italia.

𝐒𝐈𝐀 𝟐𝟎𝟑𝟎 è il 𝐛𝐥𝐨𝐠 di Social Impact Agenda per l’Italia sulla 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐈𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐒𝐃𝐆𝐬.

Pensieri, analisi e proposte per una nuova finanza a beneficio delle persone, delle comunità e del pianeta.

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