Il ruolo della sostenibilità in Europa vive un cambiamento significativo a seguito dell’introduzione di normative europee come il Regolamento 2019/2088 sulla finanza sostenibile (Sustainable Finance Disclosure Regulation “SFDR”), la Direttiva 2022/2464 sulla rendicontazione di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive “CSRD”), la Direttiva 2024/1760 sulla ESG due diligence (Corporate Sustainability Due Diligence Directive “CS3D”). Queste normative mirano a garantire la trasparenza e la condotta responsabile delle società in relazione ai temi ambientali, sociali e di governance (ESG), con un impatto rilevante e profondo sia sulle loro operazioni interne che sulle loro catene di fornitura. In Italia, questo cambiamento è ulteriormente accentuato e definito con il decreto di recepimento nazionale della CSRD, ossia il D. Lgs. n. 125/2024, approvato il 6 settembre scorso (il “Decreto”).
CSRD e Decreto: principali novità e obblighi
La CSRD, attraverso il Decreto, espande gli obblighi della precedente direttiva sulla rendicontazione non finanziaria, imponendo l’inclusione della rendicontazione di sostenibilità nella relazione sulla gestione, allegata al bilancio. Assieme ai nuovi standard di rendicontazione (European Sustainability Reporting Standards “ESRS”), la normativa impone una disclosure più dettagliata riguardo alla gestione di impatti, rischi e opportunità ESG, applicando il principio della c.d. doppia materialità. È richiesto, infatti, di prendere in considerazione sia la rilevanza d’impatto (prospettiva inside – out), riguardante gli impatti della società su persone e ambiente, sia la rilevanza finanziaria (prospettiva outside – in), relativa alle questioni di sostenibilità in grado di influenzare la situazione patrimoniale-finanziaria della società e il suo accesso ai finanziamenti.
Rendicontare conformemente al Decreto richiede una valutazione dei modelli di business e delle strategie aziendali, ponendo attenzione anche sull’allineamento della società all’Accordo di Parigi. Le società devono dotarsi di sistemi di governance, politiche, procedure e standard contrattuali che consentano di monitorare le proprie informazioni ESG e gestire efficacemente i rischi legali derivanti dal nuovo framework normativo della sostenibilità.
Tra queste misure, merita particolare attenzione la ESG due diligence. Gli ESRS richiedono che il processo di dovere di diligenza informi la valutazione della rilevanza degli impatti negativi, consistendo nel “processo mediante cui le imprese individuano, prevengono, mitigano e rendono conto del modo in cui affrontano gli impatti negativi, effettivi e potenziali, sull’ambiente e sulle persone connessi alla loro attività”. In ottica di presidi legali, quindi, le modalità attraverso cui gli impatti negativi della società vengono gestiti devono ruotare attorno al dovere di diligenza come declinato da Decreto ed ESRS (anticipando, peraltro, in modo meno dettagliato, le disposizioni della CS3D).
Le implicazioni per il CdA e gli altri organi sociali
Il Decreto attribuisce un’importanza crescente al ruolo degli organi di amministrazione, direzione e controllo. In particolare, il Consiglio di Amministrazione deve integrare le questioni ESG nei propri processi decisionali, rispettando i principi codicistici del dover agire in modo informato e di adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Ne deriva un’integrazione della sostenibilità con i doveri fiduciari, che impongono di agire nel miglior interesse della società. Ciò si pone in linea con l’art. 10 del Decreto, che ha introdotto la responsabilità degli amministratori di garantire che le informazioni ESG siano rendicontate conformemente a quanto previsto dallo stesso, richiedendo al board di valutare e gestire gli impatti, i rischi e le opportunità ESG. Il mancato rispetto degli obblighi può portare a sanzioni, accuse di mala gestio e violazione dei doveri fiduciari.
Di riflesso, anche il Collegio Sindacale dovrà dotarsi delle competenze necessarie per poter monitorare il corretto adempimento di tali obblighi. I Sindaci dovranno osservare l’operato del CdA e l’implementazione della nuova normativa, vigilando sui processi, le procedure e le strutture che presiedono alla produzione delle informazioni di sostenibilità. Sarà inoltre fondamentale il coordinamento con il “Revisore della sostenibilità”, assicurandosi che i processi di revisione siano trasparenti e accurati.
Sanzioni e controlli rafforzati
L’introduzione questi nuovi obblighi, è accompagnata da specifiche sanzioni e meccanismi di vigilanza, che rafforzano la necessità di adeguamento normativo. Le società che non rispettano gli obblighi di rendicontazione, non implementando i presidi legali strumentali, tra cui adeguati sistemi di governance e di monitoraggio della catena di fornitura, rischiano di essere soggette a sanzioni civili, penali e amministrative.
Un esempio significativo è rappresentato dai recenti casi giudiziari, avviati dalla Procura di Milano, che hanno coinvolto grandi marchi della moda, accusati di violazioni dei diritti umani lungo la loro catena di approvvigionamento. Le azioni della Procura sottolineano la centralità della ESG due diligence, anche a prescindere dall’applicazione della normativa ESG qui analizzata, che però fornisce gli strumenti per costruire gli assetti adeguati a gestire queste tematiche. Peraltro, già con la CSRD e il Decreto, le società non potranno più dichiararsi inconsapevoli di ciò che accade nelle loro filiere, in quanto l’analisi di doppia materialità richiede il monitoraggio della catena del valore, strumentale alla rendicontazione.
Sempre in tema di vigilanza e controlli è interessante notare il ruolo chiave affidato a CONSOB, incaricata di vigilare sul rispetto del Decreto da parte delle società quotate, attraverso audit, indagini e l’imposizione di sanzioni. Significativamente, queste ultime potranno essere mitigate alla luce delle procedure adottate dall’organo amministrativo per la redazione della rendicontazione di sostenibilità (ivi inclusa, si ritiene, quella di ESG Due Diligence). Non si esclude che questo criterio possa essere adottato anche per le società non quotate destinatarie degli obblighi del Decreto.
CSRD e SFDR: il rapporto tra Asset Manager e Portfolio Companies
L’intersezione tra CSRD e SFDR è cruciale nella relazione esistente tra società e mercati finanziari. Mentre la CSRD si concentra sulla rendicontazione ESG degli operatori di mercato, in modo non dissimile la SFDR impone obblighi di trasparenza ai gestori e agli investitori istituzionali. Questi sono chiamati a valutare i rischi ESG nelle loro decisioni di investimento e a rendicontare come i fattori ESG sono gestiti e come influenzano i prodotti finanziari.
La SFDR suddivide i fondi in tre categorie principali (articoli 6, 8 e 9), a seconda del grado di integrazione dei criteri ESG. Questo sistema richiede che i gestori forniscano informazioni dettagliate sull’allineamento ESG dei loro portafogli, che potranno basarsi sui dati forniti dalle società ai sensi della CSRD. L’intersezione normativa ha quindi un effetto diretto sul rapporto tra gestori e portfolio companies, in quanto le valutazioni dei gestori dipendono anche dalla trasparenza, qualità e accuratezza dei dati ESG forniti dalle società in portfolio. Allo stesso tempo, gli investitori avranno interesse a scegliere i gestori che meglio gestiscono questi dati (c.d. ESG data governance). Le portfolio companies, a loro volta, sono incentivate a migliorare la loro governance della sostenibilità per poter rendicontare da best-in-class e mantenere o aumentare il proprio accesso ai flussi di capitale.
Questa interazione ha dato vita a una forma di engagement attivo tra gestori e portfolio companies, in cui i primi non si limitano a selezionare società in base alle loro performance finanziarie, ma esercitano pressioni per migliorare le loro pratiche ESG in modo da poter proteggere gli investimenti e aumentarne il valore. A questi fini, i gestori monitorano costantemente le pratiche delle società presenti nei loro portafogli, richiedendo rapporti ESG dettagliati e, in molti casi, intervenendo direttamente per influenzare la strategia aziendale.
Un aspetto fondamentale di questo rapporto è la capacità dei gestori di utilizzare strumenti come il voto nelle assemblee e la partecipazione a iniziative di engagement collettivo per promuovere un cambiamento concreto nelle politiche aziendali attraverso, ad esempio, formazioni e linee guida.
Conclusioni: il nuovo scenario della sostenibilità in Italia
La convergenza di CSRD, SFDR e CS3D nel quadro normativo dell’UE ha modificato radicalmente il panorama della sostenibilità in Europa e in Italia. Il recepimento della CSRD da parte del nostro Paese, unito alle azioni legali intraprese dalla Procura di Milano, segna una nuova era in cui la sostenibilità non è solo una questione di best practice e comunicazione, ma anche di responsabilità legale e finanziaria.
Le società devono ora navigare in un complesso contesto normativo in cui il mancato rispetto degli standard ESG può portare a gravi conseguenze legali e finanziarie. L’integrazione della sostenibilità nelle strutture di governance societaria e nei mercati finanziari non è più facoltativa, ma è un aspetto obbligatorio del “fare impresa”.
Per gli operatori di mercato, ciò significa che solide pratiche di sostenibilità sono essenziali non solo per la conformità normativa, ma anche per mantenere la fiducia degli investitori e la stabilità del mercato. Per gli operatori finanziari, l’evoluzione del quadro ESG fornisce strumenti e strutture per prendere decisioni più informate, ma richiede anche un’attenta valutazione dei rischi ESG associati agli investimenti.
In questo nuovo panorama, l’interazione tra legislazione, supervisione e vigilanza, mercati finanziari, continuerà a guidare l’integrazione della sostenibilità nel cuore delle pratiche aziendali in Italia (e non solo). I casi in corso, già pendenti senza l’applicazione della CSRD, sono un avvertimento del fatto che il costo della non conformità sta aumentando, sia in termini di responsabilità legali che di ripercussioni sul mercato, segnando un cambiamento significativo nel modo in cui la sostenibilità è e deve essere affrontata nel private sector.
Roberto Randazzo
Partner di Legance e membro del Comitato Scientifico SIA, Roberto Randazzo è responsabile dell’industry “ESG e Impact”. Ha maturato una solida esperienza e si occupa abitualmente dei profili giuridici della sostenibilità, assistendo società ed operatori finanziari con particolare riferimento a normativa e regolamentazione ESG, corporate governance, finanza sostenibile, misurazione dell’impatto e innovazione sociale. Da sempre affianca all’attività professionale la docenza universitaria, attualmente è Adjunct professor del Politecnico di Milano e membro dell’Extended faculty della Graduate School of Management del Politecnico di Milano. È Emeritus Director di Global Alliance of Impact Lawyers (GAIL), Officer del Business Human Rights Committee di International Bar Association e Advisor di OECD.
Francesco Bernardi
Associate presso il team “ESG e Impact” di Legance, ha maturato esperienza nel campo dell’arbitrato internazionale, del diritto commerciale e della sostenibilità, anche grazie al Master of Laws ottenuto negli Stati Uniti. Ora si occupa prevalentemente di regolamentazione ESG e delle relative implicazioni in tema di sustainable finance e corporate governance, assistendo società e operatori finanziari. Durante il percorso in Legance ha svolto un secondment in una primaria società italiana, avendo l’opportunità di vedere da vicino i cambiamenti richiesti dalla normativa ESG e gli impatti su governance e strategia, presidi per la responsabilità degli amministratori, strumenti normativi interni, procurement e contrattualistica.
𝐒𝐈𝐀 𝟐𝟎𝟑𝟎 è il 𝐛𝐥𝐨𝐠 di Social Impact Agenda per l’Italia sulla 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐈𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐒𝐃𝐆𝐬.
Pensieri, analisi e proposte per una nuova finanza a beneficio delle persone, delle comunità e del pianeta.
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